Studio di psicoterapia a Roma Giustina Zanni

Psicoterapia o psicofarmaci?

Psicoterapia o psicofarmaci? Nelle scienze psichiatriche il dibattito sull’efficacia dei farmaci e/o della psicoterapia è sempre stato molto acceso e controverso.

Molti clienti mi chiedono spesso in che modo i farmaci si inseriscono all’interno di un percorso psicoterapeutico (se si inseriscono), se sono utili e, più in generale, quale è il rapporto esistente tra farmaco e psicoterapia. Nello specifico, i farmaci vengono a volte visti con diffidenza, anche perché associati spesso all’idea di “essere pazzi” (“dottoressa non voglio farmaci, io non sono pazzo”).

Per rispondere a questa domanda vorrei fornire alcune informazioni preliminari su questi strumenti e qualche accenno sui professionisti che li utilizzano (ma che verranno descritti in maniera esaustiva in un articolo a parte).

Psicoterapia e psicofarmaci: le metodologie d’intervento

Sia la psicoterapia che la psicofarmacologia sono metodologie di intervento nel trattamento terapeutico della persona. La psicoterapia si basa sull’assunto teorico che attraverso la parola e il rapporto terapeuta / cliente vengano indagate le cause comportamentali, cognitive e emotive del disagio portato dalla persona, e tramite tale esplorazione si possa giungere a una risoluzione del problema. La psicofarmacologia, invece, si basa sull’assunto teorico che esiste, come fondamento fisiologico del disagio mentale, uno squilibrio a carico del sistema nervoso centrale che viene normalizzato dal principio attivo utilizzato durante il trattamento, riportando quindi uno stato di benessere preesistente.

La psicoterapia viene utilizzata come strumento principale di cura dallo psicoterapeuta; il farmaco è invece ad uso esclusivo del medico psichiatra. La condizione necessaria che deve sussistere affinché un professionista della salute mentale possa prescrivere farmaci è la laurea in Medicina. Mentre uno psichiatra è per definizione medico, uno psicoterapeuta può essere, invece, o medico o psicologo; questa differenza di formazione determinerà quindi la sua abilitazione nel prescrivere farmaci.

Nelle scienze psicologiche non esiste un approccio unico al cliente rispetto alla scelta della metodologia di intervento: alcuni professionisti prediligono l’uso dei farmaci, altri della psicoterapia, altri ancora hanno invece un approccio integrato. La scelta dell’intervento dipende principalmente dalla formazione del professionista, dall’ambito di lavoro in cui egli esercita la propria professione e dalle scelte professionali stesse.

Di base ogni cliente ha le sue peculiarità, e va trattato secondo quelle che sono le necessità e le richieste della persona nonché le competenze del professionista.

Nello specifico un medico seguirà la persona prettamente con farmaci e, nel caso in cui egli ne riscontri la necessità, invierà il cliente presso un terapeuta per una psicoterapia; se la persona si rivolge ad un terapeuta e ha bisogno di farmaci verrà indirizzato verso un medico (se il terapeuta è uno psicologo) oppure potrà prescrivere egli stesso i farmaci (se è medico). Tuttavia, nei casi di trattamento psicoterapeutico integrato con trattamento farmacologico, un terapeuta medico può inviare il cliente presso un collega per una gestione separata e pulita delle varie componenti il trattamento.

Personalmente ritengo che la psicoterapia sia fondamentale nella cura del cliente, e l’utilizzo del farmaco molto utile.

Mi spiego meglio: per l’instaurarsi di una relazione terapeutica è necessario che la persona sia cognitivamente lucida, ossia in grado di comunicare, stabilire una relazione, comprendere l’interlocutore. In alcuni disturbi, specie quelli più gravi, questo potrebbe non essere possibile in prima battuta (causa deliri, allucinazioni ecc.). In questi casi il farmaco ci viene in soccorso, aiutando la persona a recuperare le sue capacità relazionali e comunicative, e gettando quindi le basi per una relazione terapeutica che guiderà il cliente verso una risoluzione.

Ancora, nei casi ad esempio di attacchi di panico e/o ossessioni, la sintomatologia mostrata potrebbe essere così disturbante e invasiva da utilizzare buona parte delle energie fisiche e psichiche della persona, creando uno stato di agitazione e emergenza tale da diventare protagonista all’interno del rapporto terapeutico e lasciando poco spazio quindi all’esplorazione di sé e all’insight. In questi casi il farmaco aiuta la persona a diminuire lo stato di allerta, favorendo il recupero di uno stato di “serenità” necessario per l’elaborazione mentale richiesta dalla psicoterapia.

Questi sono i casi in cui, nel mio lavoro, invio i miei clienti da un collega medico per un consulto farmacologico, e contemporaneamente proseguo io stessa con il trattamento psicoterapeutico.

La valutazione della necessità di un farmaco è un processo che può richiedere anche qualche seduta di conoscenza con il cliente, in cui si considerano anche motivazioni al cambiamento e gravità sintomatologica. Il che significa che se il vostro unico scopo nel richiedere un colloquio con un terapeuta è quello di neutralizzare il sintomo senza impegnarvi nel trovare modalità relazionali alternative (perché è faticoso o richiede tempo), sappiate che il farmaco non è la vostra soluzione.

Certo, allevierete il sintomo anche in poco tempo, ma questo non significa che avrete lavorato sulla causa che vi ha portato a manifestare la sintomatologia corrente, e in un futuro prossimo questa potrebbe nuovamente bussare alla vostra porta chiedendovi il conto. Metaforicamente parlando: se avete un vaso incrinato, con tante crepe e un buco, e apponete una copertura sul buco per impedire il travaso d’acqua senza sigillare le crepe, col tempo e l’usura il vaso potrebbe bucarsi in qualcuna delle crepe preesistenti, nonostante il buco antico resti tuttora tappato.

Concludendo: il farmaco è, in diversi casi, un valido alleato del processo psicoterapico ai fini del raggiungimento di uno stato di benessere e equilibrio psicofisico, ma non rappresenta la soluzione ai vostri problemi. Per cui riflettete sulla necessità di mettervi in gioco e impegnarvi nel tempo all’interno di un percorso psicoterapeutico come fossero gli unici “farmaci” in grado di darvi una risoluzione stabile e definitiva.

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